Le Domande Più Frequenti
I contratti di convivenza
Vorrei qualche chiarimento in più sui contratti di convivenza. Sono separata e da qualche anno convivo con una persona divorziata, che è proprietaria dell'appartamento in cui abitiamo. A che tipo di accordo posso arrivare?
Quello di cui chiede la lettrice è un argomento nuovo, portato all'attenzione del pubblico da una iniziativa del Consiglio Nazionale del Notariato. In Italia manca, a differenza degli altri Paesi europei, una legislazione che in qualche modo regoli il rapporto di convivenza. Ma se non esiste un sistema giuridico specifico, è possibile trarre dall'ordinamento una serie di norme con le quali giungere ugualmente a creare un sistema, sia pur non completo. Lo scopo è regolare sia gli aspetti patrimoniali della convivenza, sia taluni limitati aspetti personali. I soggetti sono persone legate da un vincolo affettivo che decidono di vivere insieme stabilmente. Deve trattarsi di persone di stato libero o, quantomeno, legalmente separate (non certamente solo separate di fatto).
Gli accordi patrimoniali - C'è quindi la possibilità di regolare gli aspetti economici della convivenza, quali la partecipazione alle spese comuni, l'assunzione da parte di un convivente dell'obbligo di mantenimento dell'altro, le modalità d'uso della casa destinata a residenza comune, la definizione preventiva degli accordi in caso di cessazione della convivenza. Problema di particolare rilevanza, quest'ultimo, in quanto in mancanza di accordi il convivente non proprietario (salvo alcune recenti prese di posizione della giurisprudenza) potrebbe essere allontanato di punto in bianco senza alcuna tutela. Altra cosa è invece la definizione della proprietà o di un diritto reale (cioè valido e opponibile verso tutti) sugli immobili, dove l'aspetto fiscale può rivelarsi pesante. E' però disponibile lo strumento del vincolo di destinazione che è comunque in grado di garantire in modo certo al convivente non proprietario diritti sulla casa.
Gli accordi personali - Sul piano personale non tutto può essere oggetto di convenzione (ancor meno possibili peraltro sono gli accordi nel matrimonio, che però di regole già dispone, e inderogabili). Non sono consentite convenzioni su obblighi di fedeltà e di coabitazione, e nemmeno sulla successione, perché la successione è regolata solo dal testamento e, in mancanza, dalla legge. Sono possibili invece accordi sulla gestione dei figli, se non contrari all'interesse dei minori (su questi vigila in Giudice, in caso di problemi) e sull'assistenza in caso di malattia (ad oggi il convivente non ha nessun potere di intervento).
Pur in mancanza di norme specifiche è possibile quindi giungere, ove questa sia la volontà degli interessati, ad una sostanziale tutela reciproca per coloro che hanno deciso di convivere in modo stabile.