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Le Domande Più Frequenti

Impresa familiare o società

Sto per iniziare un’attività commerciale che svolgerò con la collaborazione di mia moglie. Anziché la società mi propongono di fare un’impresa familiare. Qual è la differenza?

Nella società due o più persone conferiscono beni o servizi per lo svolgimento di attività economica allo scopo di dividere gli utili. L’impresa familiare è invece un’impresa individuale, in capo ad un unico soggetto (imprenditore, artigiano o commerciante). Spetta a lui la responsabilità, anche patrimoniale, sui risultati dell’impresa. Spetta a lui, di conseguenza, la gestione, almeno quella ordinaria. A differenza dell’impresa individuale “pura”, nell’impresa familiare le decisioni riguardanti le scelte più importanti (la straordinaria amministrazione) e quelle inerenti l’impiego degli utili e degli incrementi (sui quali i partecipanti hanno diritto) sono prese a maggioranza dai familiari partecipanti all’impresa.

I familiari – La partecipazione all’impresa familiare è riservata al coniuge, ai parenti entro il terzo grado (zio e nipote) e agli affini entro il secondo (i cognati). Sono compresi i figli adottivi e naturali e, per quanto riguarda il coniuge, la separazione personale non esclude la possibilità di far parte dell’impresa familiare. Cessa invece il rapporto con il divorzio, che di conseguenza fa venir meno il rapporto che fosse instaurato fra cognati.

Il lavoro – Il partecipante all’impresa familiare deve offrire una prestazione di lavoro: continuativa (che non significa a tempo pieno o con un orario prestabilito, ma duratura nel tempo) e compatibile con l’attività dell’impresa (e quindi può trattarsi di un lavoro diverso e complementare, come accade di frequente con la tenuta della contabilità da parte della moglie del titolare). Dopo talune incertezze interpretative iniziali, si è escluso che bastasse il lavoro domestico del coniuge per configurare l’impresa familiare: opera certamente importante e in grado di concedere più tempo a disposizione al titolare dell’impresa, ma senza diretta inerenza con l’attività imprenditoriale vera e propria.

I diritti dei familiari – Ai familiari spettano gli utili maturati nel corso della loro partecipazione all’impresa e il diritto di credito sugli incrementi patrimoniali; gli uni e gli altri in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato nell’impresa. Criterio inevitabilmente generico e temperato, nella sua genericità, dall’esistenza del vincolo (si auspica) di affezione familiare. Ai fini fiscali è necessario dare conto dell’esistenza dell’impresa familiare con apposito atto notarile e, sempre per il fisco, almeno il 51 per cento del reddito deve essere riconosciuto in capo al titolare. I partecipanti all’impresa familiare hanno anche il diritto di prelazione in caso di cessione dell’azienda.

Da tutto ciò si può dedurre quali e quante differenze vi siano fra un’attività svolta in forma societaria e un’attività individuale con il vincolo dell’impresa familiare, differenze che si riflettono inoltre sul trattamento fiscale e contributivo.

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